San Pietroburgo, provincia italiana
«San Pietroburgo, provincia italiana. Čajkovskij ammiratore di Verdi» è il titolo della
conferenza a cura dello storico Roberto Coaloa in collaborazione con la Monferrato
Classic Orchestra dedicata ai concerti di questa settimana al Teatro Municipale di
Casale Monferrato e al Palazzo Monferrato di Alessandria con l’orchestra diretta da
Vitaly Alekseenok.
Le conferenze anticipano di un’ora l’eccezionale evento dell’orchestra diretta da
Alekseenok a Casale e Alessandria, città di antiche e prestigiose tradizioni musicali,
ma che negli ultimi decenni hanno visto davvero poche orchestre esibirsi sui palchi
cittadini e ancor più limitatamente le ha viste impegnate in proposte importanti sul
repertorio sinfonico ottocentesco e novecentesco.
Questa è la seconda grande prova dell’anno della Monferrato Classic Orchestra, la
cui direttrice artistica è Sabrina Lanzi, pianista di fama internazionale. A gennaio,
infatti, ha avuto un grande successo di pubblico, con tutto esaurito a Bollate, Casale
Monferrato e Piacenza, l’esecuzione della Nona sinfonia di Beethoven con i cori di
Casale e Alessandria.
Ora, il programma di grande prestigio è diviso in due parti. Si inizia con Giuseppe
Verdi, la “Sinfonia” della Forza del destino. Segue l’opera di Ottorino Respighi, La
pentola magica, azione coreografica in due quadri su temi popolari russi. La
conclusione è affidata alla maestosa Quarta sinfonia di Pëtr Ilič Čajkovskij.
Coaloa racconterà l’insospettabile rapporto che lega questi diversi pezzi sinfonici.
Inoltre, scopriremo ad esempio come il pubblico casalese accolse la prima de La
Forza del Destino, eseguita proprio al Teatro Municipale nell' ottobre del 1874, e
qual era il rapporto tra la nostra città e lo stesso Verdi. Poi conosceremo meglio ciò
che unisce il compositore di Busseto alla quarta Sinfonia di Čajkovskij e che
riguarda proprio il tema del destino e i legami che a sua volta aveva Respighi con il
mondo russo.
Insomma ogni cosa è connessa.
Scoprire come nei minimi particolari renderà più godibile il successivo ascolto.
Anticipiamo parte dell’intervento di Roberto Coaloa.
"La Quarta sinfonia di Pëtr Ilič Čajkovskij è sicuramente l’opera più attesa di questa
nuova avventura della Monferrato Classic Orchestra. Si tratta di una sinfonia tra le
più celebri, eseguita dai più grandi direttori. Chi scrive ama l’interpretazione di
Claudio Abbado con la Chicago Symphony Orchestra, quella di Herbert von Karajan
con i Berliner negli anni Sessanta, e la preferisce alle altre sei sinfonie, influenzato
dalla meraviglia che nel 1993 (centenario della morte di Čajkovskij) provocò
l’ascolto dal vivo dei concerti di Vladimir Delman.
Che dire poi della Sinfonia della Forza del destino? Verdi interpretato da Toscanini
risulta ancora vincente. Il brano, però, nella sua versione definitiva, è da riascoltare
nell’incisione del settembre 1943 di Franco Ferrara con l’Orchestra del Teatro alla
Scala. Per il gesto direttoriale è da rivedere l’interpretazione di Francesco Molinari
Pradelli del 1958 con l’Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli. Chissà come la
dirigerà Vitaly Alekseenok? Alla maniera dello slavo Valerij Gergiev? Una decina
d’anni fa, Gergiev, riprendendo l’ouverture nella sua stesura del 1862, diresse
l’orchestra del Teatro Mariinskij con uno stuzzicadenti. Il risultato fu brillante e le
dita del direttore volavano come quelle di uno sciamano.
La pentola magica di Ottorino Respighi è una vera e propria scoperta dell’orchestra
monferrina. Si tratta di un pezzo sinfonico raramente eseguito.
L’ascolto dei temi popolari russi, dal preludio al finale, ci faranno sentire un Respighi simile a
Čajkovskij o a Prokofiev, soprattutto nelle danze o nei quadri delle canzoni armene.
È la prima volta che si ascolta sui palchi di Casale Monferrato e di Alessandria
un’orchestra impegnata in queste tre opere: la “Sinfonia” della Forza del destino di
Giuseppe Verdi, La pentola magica, azione coreografica in due quadri su temi
popolari russi di Ottorino Respighi e la Quarta sinfonia di Pëtr Iliič Čajkovskij.
Di Verdi, in realtà, nei nostri teatri si ascoltò l’ouverture dell’opera La forza del
destino, nella versione del 1862, ma non in quella “sinfonica” riscritta da Verdi nel
1869. A Casale, la prima verdiana dell’opera La forza del destino fu eseguita alla fine
di ottobre 1874 al Teatro Municipale. Gli interpreti, tutti elogiati dalla stampa locale,
erano le soprano Garulli e Pisani, il tenore Avognini e il giovane baritono Navary.
Pare incredibile l’assenza del grande repertorio sinfonico nei teatri dell’alessandrino.
Il motivo è semplice. Negli ultimi due secoli, ad esempio, i nostri teatri, compreso
anche il piccolo gioiello di Valenza, non avevano una buca per l’orchestra e il palco
non poteva accogliere le grandi formazioni orchestrali.
L’eccezione fu il “Politeama” di Casale, che disponeva di ampi spazi e che vide
l’esecuzione della Nona di Beethoven nel 1939 e la Sesta sinfonia di Čajkovskij nel
1937 (diretta da Mascagni). Gli eventi, va detto, furono organizzati dall’allora
delegato della Banca Anonima di Credito di Torino, Camillo Venesio, che si
segnalava come attivo promotore di concerti.
A parte queste due memorabili eccezioni, nei teatri dell’alessandrino trionfava il
melodramma, con compagnie teatrali più o meno decorose.
A fine Ottocento, a Casale Monferrato, funzionavano assai bene due teatri.
Il Municipale, costruito alla fine del Settecento, e il Politeama, attivo dal 1885. Il
Municipale, il teatro dei “Signori”, decadde dopo la Seconda guerra mondiale. Fu
riaperto solo agli inizi degli anni Novanta del Novecento. Il Politeama subì varie
modifiche e ospitò spettacoli di prosa e cinema fino alla fine del Novecento. Ora,
demolito, al suo posto, sorge un condominio di lusso.
A Casale, in ogni teatro c’era un’orchestra civica. Spesso, però, gli elementi venivano
cambiati, a seconda dei direttori che inauguravano la stagione.
Toscanini, nel 1887, ad esempio, portò a Casale dei suoi musicisti di fiducia, che suonarono sia con
l’orchestra del Municipale, che con quella del Politeama.
Il Politeama era immenso e dalla sua comparsa poté ospitare anche orchestre, poi la
prosa e, infine, il cinema. A fine Ottocento al Politeama le opere più rappresentate,
con successo, furono la Carmen e Rigoletto.
Il Politeama occupava una superficie di 1600 metri quadrati. Lunghezza 30 metri e
una larghezza di cinquanta. La terrazza sopra al vestibolo era di 150 metri quadrati. Il
centro del cupolino a vetrate era alto 24 metri sul livello della platea, con un diametro
di sette metri. La volta misurava 25 metri con sei di monta.
Il palcoscenico misurava tra le quinte 13,40 metri di larghezza e 11 di altezza e aveva
uno sfondo di 20 metri. I camerini erano 29.
All’inaugurazione l’orchestra era di 60 professori (quasi tutti dalla Scala di Milano)
più 70 coristi.
GIUSEPPE VERDI NEI TEATRI DI CASALE
La storia delle esecuzioni delle opere di Verdi nei teatri di Casale Monferrato inizia
presto, nel 1845.
I primi due melodrammi di Verdi che vennero programmati a Casale nel 1845 furono
Ernani (25 ottobre) e Nabucco (26 dicembre).
La forza del destino, nella versione completa dell'opera, per la prima volta
rappresentata a San Pietroburgo nel 1862 (opera modificata negli anni da Verdi, fino
al 1869 con l’introduzione di una vera e propria “Sinfonia”), ha un solo precedente a
Casale, quello del 1874.
Dopo la prima russa dell’opera, Verdi sentì il bisogno di rendere l’opera più agile e
più organica e di accomodarne il libretto, che fu modificato dallo scapigliato artista
Antonio Ghislanzoni. La nuova edizione dell’opera fu rappresentata con successo alla
Scala di Milano il 20 febbraio 1869.
Nell’opera di Verdi sono notevoli la parte brillante data dal carattere musicale della
zingara Preziosilla e da Mastro Trabucco, e la parte comica di Fra Melitone, nella sua
“predica” ai soldati, nell’aria buffa ch’egli canta quando è alle prese coi pezzenti
ingordi e sprezzatori della minestra del convento, nel suo duetto col Padre guardiano
in cui maligna sulle assidue penitenze del Padre Raffaele, cioè di Don Alvaro. Nel
1862, siccome poi ancora per gli effetti dell’inganno dell’Armistizio di Villafranca
(evento storico che fece disperare Cavour) gli austriaci infestavano una ragione cara
all’Italia, Verdi fu contento di gridare con l’audace Preziosilla: «Morte ai tedeschi,
flagel d’Italia eterno e de’ figliuoli suoi!».
Questo Verdi “risorgimentale” era il musicista che conquistava i cuori dei monferrini!
L’amore per Verdi è poi testimoniato dalla conferenza che tenne Luigi Pistorelli al
Teatro Politeama di Casale Monferrato il 27 novembre 1913 (centenario della nascita
del compositore) per il «Circolo di Cultura Carlo Vidua».
Leggiamo: «Gli eroi di tutto il mondo si fondono, per virtù del Genio, a personificare
l’Italia che geme, che impreca, che proclama alto i suoi diritti; terribile nella sua
collera; Niobe ed Antigone nel tempo istesso, perché i nobili padri dee vendicare e gli
adoranti figli che vanno incontro a morte sorridendo al futuro. O Israele che piangi
sulle ruine di Gerusalemme, tu sei il popolo d’Italia; o Lombardi invocanti nel
deserto la patria lontana, voi siete il popolo d’Italia; e in te, o Ezio, che giuri salva
Roma finché ti rimane una spada, in te rugge l’anima di tutto il popolo italiano!»
UNIONE TRA IL MONDO RUSSO E VERDI
Igor’ Stravinskij tornando a pensare alle sue radici russe (1882-1913), nello
straordinario documento Ricordi e commenti, ricorda come «Verdi era sempre
argomento di discussione a Pietroburgo. Čajkovskij lo ammirava».
Cosa unisce La forza del destino di Verdi alla Quarta sinfonia di Pëtr Il'ič
Čajkovskij? L’idea principale è il fato, nefasta potenza che si oppone alla conquista
della nostra felicità. Nel russo il fato è l’incalzante, ostinata fanfara di ottoni e fagotti
in fortissimo che apre il lavoro. In questo memorabile inizio mi sembra evidente
l’influenza di Verdi (e più lontana quella di Beethoven, nel leggendario attacco della
Quinta sinfonia).
I russi poi conobbero bene proprio l’opera La forza del destino: la prima
rappresentazione assoluta ebbe luogo al teatro Imperiale di San Pietroburgo, il 10
novembre 1862. Čajkovskij, ovviamente, era presente. Ci furono numerose repliche e
alla quarta rappresentazione intervenne anche lo Zar Alessandro II, l’uomo più
potente del mondo, il cui impero rivaleggiava solo con quello inglese.
Una cronaca di quelle soirées si trova tra le carte del soprano Giuseppina Strepponi,
seconda moglie di Verdi, amica e consigliera insostituibile. Così si esprime:
«L’Imperatore, che assistette solo alla quarta rappresentazione, impedito di assistervi
prima causa un violento mal d’occhi e mal di gola, chiamò fuori Verdi a nome, e
volle anche averlo nel suo palco, dove gli fece, con l’Imperatrice un mondo di elogi».
Lo Zar aveva messo a disposizione di Verdi i coristi dei suoi Reggimenti della
guardia, e la Direzione del Teatro aveva spesi 200 mila franchi per la messa in scena,
compensati dai colossali introiti delle recite.
La Quarta sinfonia in fa minore viene composta nel 1877 ed è dedicata, anima e
corpo, a una ricca vedova, la baronessa Nadežda Filaretovna von Meck che fu
viscerale estimatrice e mecenate di Čajkovskij. Con lui visse un rapporto particolare,
una liaison dal fittissimo epistolario che avrebbe mandato in visibilio Oscar Wilde,
visto che per tutta la vita tra il musicista e la baronessa non si incontrarono mai
preferendo frequentare i luoghi segnati e “profumati” dalla presenza dell’altro.
Lo racconta immaginosamente Ken Russell nel film-biografia su Čajkovskij L’altra
faccia dell’amore (film da ricordare per i grandi attori, Richard Chamberlain e
Glenda Jackson, e la grande musica: la colonna sonora è eseguita dalla London
Symphony Orchestra diretta da André Previn).
«L’introduzione - scrive il musicista alla baronessa - contiene il germe di tutta una
vita, il fato è la forza del destino che ostacola la nostra felicità; è come una spada di
Damocle e avvelena senza posa l’anima... Bisogna assoggettarglisi... Non sarebbe
meglio abbandonare la realtà e sprofondarsi nei sogni? Il fato ci risveglia... Tutta la
vita è un’ininterrotta alternativa di dura realtà. Non esiste un porto... Dobbiamo
navigare su questo mare finché esso non ci inghiotte e non ci sommerge nelle sue
profondità».
Il fato è l’incalzante ostinata fanfara di ottoni e fagotti in “fortissimo” che apre, in
Andante sostenuto, il lavoro: gesto sonoro “teatrale” che tornerà per tutta la sinfonia,
schiacciata, appunto, sotto il peso del fato.
Su Respighi e il mondo russo ci sono tantissimi legami. All’inizio del Novecento,
all’età di vent’anni, Respighi fu prima viola dell' orchestra del Teatro Imperiale a San
Pietroburgo per la stagione d’opera italiana e così ebbe modo di studiare, per cinque
mesi, con Nikolaj Rimskij-Korsakov, con il quale poté apprendere a fondo l’arte della
sinfonia orchestrale e del poema sinfonico.
Fino a Glinka, Musorgskij e Čajkovskij in Russia avevano dettato legge i musicisti
della Penisola. Per il nostro territorio il caso più famoso è quello di Carlo Evasio
Soliva. Un altro grande musicista fu Caterino Cavos, che quando arrivò in Russia da
Venezia nel 1798 aveva vent’anni. Soliva diventò Kapellmeister della compagnia
dell’Opera imperiale di San Pietroburgo dopo Cavos.
È nella musica di Čajkovskij, però, che troviamo le conseguenze più fruttuose ma
anche più affascinanti dell’influenza dei compositori italiani.
Da dove viene, ad esempio, quello splendido stile melodico che ritroviamo nelle sue
musiche più riuscite? Da che cosa deriva il tema, tenero e forte nello stesso tempo,
del suo Giulietta e Romeo? O quella splendida melodia che rappresenta Francesca e il
suo dolore al centro di Francesca da Rimini? O ancora il tema intonato dal corno nel
movimento lento della Quinta sinfonia?
Chi scrive, deve confessare di non essere certo al cento per cento, eppure è convinto
che se Čajkovskij non avesse conosciuto per diretta esperienza la melodia a volte
appassionata e intensa, a volte piena di pathos, dell’opera italiana, non avrebbe
composto la musica che conosciamo.
Roberto Coaloa